17/07/2019  II Patriarca di Venezia commenta l'ipotesi di costruire barriere al confine orientale dell'Italia, sul Carso e alle porte dei Balcani, zone che la storia, anche recente, ci insegna esser state devastate da conflitti sanguinosi

Alcuni giorni fa il Patriarca di Venezia, Monsignor Francesco Moraglia, a proposito dell’ipotesi di erigere una barriera tra Italia e Slovenia, ha definito "illusorio" pensare che si possa risolvere la questione migratoria erigendo nuovi muri. E ha precisato: "Non muri ma politiche, non ideologiche, non buoniste, ma realiste". 

Quale realismo occorrerebbe, Eccellenza, per affrontare nel modo migliore la questione epocale delle migrazioni?

«È il realismo di Papa Francesco che chiede di tenere assieme quattro verbi: “accogliere, accompagnare, promuovere, integrare”. Essere realisti significa, per chi ha responsabilità politiche e ancor più di governo, impegnarsi con tenacia e pazienza a formare un fronte comune fra le diverse forze politiche per avere una voce unisona almeno su alcuni punti fondamentali in Europa e non solo in Europa. L’alta conflittualità della politica italiana finisce per fare il gioco di chi sulla questione immigrati, in modi diversi, con alcune eccezioni, si “chiama fuori” e penso all’ormai cronica quanto scandalosa assenza dell’Europa e all’impotenza scontata dell’Onu. Con più coralità e incisività la maggioranza e l’opposizione dovrebbero ripetere che, di fronte ad un problema di tali dimensioni, uno Stato non deve essere lasciato solo. Realismo sarebbe ancora “obbligare” gli Stati dell’Unione Europea a non limitarsi a proclami come se la questione non li riguardasse; su questo tema è in gioco l’idea stessa dell’Europa e la sua credibilità politica di fronte a Usa, Russia, Cina a cui un’Europa frammentata non dispiace».

Insomma ridare spazio a politiche “alte”…

«Bisogna far crescere strumenti e politiche che vadano alla radice della questione per compiere una difficile ma necessaria sintesi innanzi ad una questione epocale che riempirà pagine e pagine dei futuri libri di storia. È in gioco, prima di tutto, la dignità della persona umana e bisogna anche guardare alle giuste esigenze sia di chi viene accolto, sia di chi è chiamato ad accogliere, per non alimentare prese di posizioni strumentali in un senso o nell’altro. Ritengo che sia una forma di realismo conoscere la storia e la situazione economica e politica dei Paesi da cui oggi si fugge. Ed è realismo ascoltare la voce dei vescovi di quei territori soggetti a forte emigrazione; penso al documento finale della terza Assemblea Plenaria dei Vescovi dell’Africa Occidentale - svoltasi recentemente a Ouagadougou in Burkina Faso - in cui si dice che l’Africa ha bisogno dei suoi giovani. Accoglienza e integrazione – lo ribadisce Papa Francesco - vanno sempre insieme; forse, in passato non si è tenuto conto, nel modo dovuto, di questa dinamica essenziale per non creare conflittualità e ribellione. Si tratta innanzitutto di garantire un lavoro (reddito) onesto a chi arriva, altrimenti non si sta accogliendo ma si stanno illudendo le persone ponendole in situazioni rischiose per sé e la società. Realismo è, infine, una proposta politica responsabile, lungimirante e coadiuvata da un volontariato competente, trasparente, di retta intenzione, non ideologizzato».

Lei ha anche lanciato l'idea di una sorta di "piano Marshall" per i migranti. Vorrebbe spiegarci a cosa allude precisamente con questo appello?

«Siamo tutti convinti che se l’Europa ed anzi non solo l’Europa ma tutti i Paesi più forti e prosperi del mondo volessero finalmente risolvere il problema insieme troverebbero anche le misure, le forme di investimento e le risorse adatte. E sarebbero più competitive, lungimiranti e molto meno dispendiose di tante altre spese che gli Stati fanno o destinano alle partite più varie (pensiamo alle armi) o anche ai tentativi di difesa da questi fenomeni… Ho riflettuto più volte, ultimamente, sul carattere profetico ed anche “politicamente” propositivo dell’enciclica di Paolo VI “Populorum progressio”: sono sempre più convinto che tante problematiche connesse con la globalizzazione e le migrazioni non avrebbero raggiunto le attuali dimensioni se, almeno in parte, l’appello di oltre cinquant’anni fa fosse stato più ascoltato dalla politica, dai poteri finanziari ed economici e - perché no? – forse anche dalla stessa comunità cristiana. L’Europa e i Paesi più ricchi non dovrebbero dimenticare che quasi tutti i migranti e i rifugiati arrivano da zone a lungo dominate e “sfruttate” da questa parte del mondo e a cui ora ritornano; è un po’ come se la storia presentasse il conto…»

Il Decreto sicurezza ha cancellato gli Sprar e abbassato drasticamente i compensi giornalieri a chi accoglie. Alcune Caritas diocesane hanno rinunciato a partecipare ai prossimi bandi per l'accoglienza. Molte cooperative rischiano la chiusura, anche in diocesi di Venezia. Non c'è il rischio che queste politiche intacchino il lavoro di integrazione finora svolto dalle organizzazioni cattoliche e creino irregolari allo sbando?

«Per quanto riguarda Venezia posso dire che, con la Caritas, proseguendo una consolidata tradizione di interventi in tal senso e a favore di tutte le persone e famiglie (italiane e straniere) in stato di bisogno e fragilità, pur in presenza di una forte contrazione delle risorse economiche garantite dagli organi statali, abbiamo manifestato l'impegno a proseguire l'accoglienza dei migranti attraverso un sistema di recezione diffusa in piccole unità abitative garantendo anche dei servizi, attivati attraverso sinergie con altre realtà ecclesiali, che gli attuali capitolati dei bandi statali non prevedono più come, ad esempio, la scuola di lingua e cultura italiana. E ci stiamo attivando per l’accoglienza di coloro che arrivano qui attraverso il sistema dei “Corridoi umanitari”».

Da Famiglia Cristiana Web edition.